MOBILITÀ
SOSTENIBILE
Approcci, implicazioni e prospettive di un nuovo modo di concepire il movimento di persone e merci
Con il secondo numero di LocalMag vogliamo raccontarvi il potenziale della mobilità sostenibile, tratteggiandone gli attributi principali e i passi necessari per una sua implementazione trasversale e proficua.
A tal fine, abbiamo intervistato Emma Missale, corriere in bici a Copenaghen con una laurea in Urbanistica, e Karl Reiter, promotore di diversi progetti europei di mobilità attiva, per poter delineare tendenze e proposte che ruotano attorno a questo mondo.
Raccontaci del tuo lavoro: di cosa ti occupi? Dove? Come hai iniziato?
Emma: Attualmente mi occupo di ciclo-logistica, lavorando come corriere in bici, dispatcher – la persona che organizza i percorsi e delega le tag (presa e consegna) ai corrieri – e come membro del board e rappresentante del team business development presso By-Expressen, una compagnia di Copenaghen fondata nel 2012.
Il mio percorso lavorativo inizia a Milano in concomitanza con quello accademico: nel 2016 mi iscrivo al test di ingresso per la facoltà di Urbanistica del Politecnico e allo stesso tempo mando il mio CV a Urban Bike Messenger, compagnia di corrieri in bici di Milano, spinta dalla mia passione per la bicicletta, per le sue potenzialità e per il mondo dei diversi ciclismi e valori che la circondano.
Un altro tassello fondamentale sono stati i campionati di corrieri in bici che ogni anno si svolgono in diverse città europee e del mondo, fondamentali in termini di arricchimento del network di conoscenze delle realtà attive, degli sviluppi degli spazi, dell’individuazione di luoghi e dei profili che li caratterizzano.
La partecipazione continua a questi eventi e il coinvolgimento sempre più animato all’interno della community dei messenger, hanno portato alla costruzione di vere e proprie amicizie,




oltre ad essere uno dei motivi per cui lavoro a Copenhagen da quasi due anni: nell’agosto del 2020 mi viene infatti offerto di diventar parte del team di By-Expressen, che a quel tempo aveva appena iniziato un percorso di transizione verso la forma di collettivo-associazione.
Karl: Ho iniziato la mia carriera professionale lavorando per sette anni come assistente chimico in un laboratorio di analisi. In seguito ho studiato ingegneria meccanica e, dopo la laurea, ho lavorato nel dipartimento dei trasporti della città di Graz. É stato un periodo molto interessante: realizzammo le prime corsie ciclabili in controflusso al traffico automobilistico e introducemmo per la prima volta in una città europea il limite di velocità di 30 km/h. Per i successivi 28 anni ho lavorato per l’Austrian Mobility Research su molti progetti dell’Unione Europea relativi alla mobilità attiva, al mobility management, alla sensibilizzazione al tema, alla logistica dei cicli e alla trasformazione dello spazio pubblico. Attualmente lavoro presso l’Institute of Traffic Pedagogics, un ente che si occupa di progetti educativi relativi alla mobilità sostenibile, e come formatore nel programma mondiale BYPAD (Bicycle Policy Audit) che aiuta le città a migliorare la loro politica ciclistica.
A tuo giudizio, quali sono le prospettive future per le città che ritieni essere le più interessanti?
Emma: Copenhagen e Milano sono le due città sulle quali ho elaborato le maggiori riflessioni e penso che questi due casi possano avere un valore generale e applicabile a diversi altri contesti.
L’esperienza lavorativa presso By-Expressen mi è servita a consolidare un’immagine ambientale di Copenaghen, della sua matrice di good practice in termini di ciclabili e di mobilità attiva e ad individuare, attraverso il confronto con Milano, le potenzialità e criticità delle due città sia in termini logistici sia di abitabilità degli spazi e di offerta dei servizi, stante anche le diverse inclinazioni culturali che le caratterizzano.
Nel primo caso, a rendere interessante il processo di pianificazione della mobilità attiva sono le modalità con cui esso è iniziato, principalmente su iniziativa di un gruppo di attivisti, e la continuità nell’individuazione di strategie e azioni che dessero priorità ad accrescere l’accessibilità
per bici e pedoni. Il risultato è un radicamento dei mezzi a pedali tanto a livello culturale quanto spaziale, supportato da un alto grado di intermobilità e un’offerta dei servizi diffusa in termini di supporto tecnico e logistico. Milano è un caso altrettanto singolare. Il potenziale strutturale della città e il network del terzo settore e realtà locali costituiscono una spinta per la città, che durante il periodo di lockdown ha assistito alla nascita di nuove ciclabili pop-up, all’aumento delle iniziative e alla promozione di incentivi dedicati.
In termini di prospettive le due città viaggiano con tempi diversi, ma comune ad entrambe, così come ad altre città europee, è il coinvolgimento dei corrieri in bici nei processi di analisi e pianificazione strategica e infrastrutturale del territorio.
Per quanto riguarda Copenhagen, uno degli obiettivi principali è quello di chiudere definitivamente il centro al traffico motorizzato. Attualmente esistono due assi pedonalizzati, ma nel corso dell’ultimo anno sono stati promossi alcuni interventi di urbanistica tattica
in un’ottica di transizione e nel tentativo di diminuire l’affluenza di veicoli privati durante le ore diurne e di ripensare alle modalità di recapito di merci e prodotti di attività commerciali e uffici.
La mobilità attiva, in particolare ciclabile, sarà al centro delle politiche pubbliche anche di Milano.
La speranza è che si sviluppi un piano strategico che riesca a promuovere l’accessibilità dei percorsi e dei servizi in base alle necessità del network dei diversi ciclismi e realtà attive sul territorio e che questo riesca a dialogare con i singoli progetti. A livello logistico lo ‘Zero Emission Urban Goods Transportation Programme’, promosso dal progetto C40, per il quale Milano ha vinto un importante bando, rappresenta un possibile punto di svolta verso una concezione più completa della bicicletta e un conseguente aumento delle sue potenzialità d’uso col supporto di una struttura ad hoc.



Karl: Trovo interessante che gli abitanti delle città europee si interessino sempre di più a trascorrere del tempo in spazi pubblici, anche in città dove le condizioni meteorologiche non sono propriamente ideali. Anche attraverso questa rinnovata valutazione dello spazio pubblico, diventa chiaro come negli ultimi decenni abbiamo lasciato che lo spazio urbano degenerasse in una monocultura per auto: non osiamo più far giocare i nostri figli per strada, abbiamo paura di farli andare a scuola in bicicletta. Nel tempo, troppo è stato sacrificato in favore del traffico automobilistico. Ultimamente però molte persone, soprattutto le più giovani, reclamano sempre più la città come un luogo dove vivere. Abbiamo a disposizione spazio a sufficienza, si tratta solo di trasformare la sua funzione: da spazio per le macchine a spazio per le persone.
A dinamiche di questo tipo, si affianca anche l’impatto del Coronavirus e l’accelerazione della trasformazione in senso digitale del nostro modo di vivere. Quasi tutto è ormai toccato dall’informatica: il mondo del lavoro, le nostre attività nel tempo libero, i nostri rapporti sociali,
il modo in cui comunichiamo e apprendiamo e, da ultimo ma non per importanza, il nostro consumo di servizi e beni. Intere professioni vengono trasformate o addirittura sostituite da servizi digitali. Sempre più spesso il lavoro può essere eseguito comodamente da casa. La digitalizzazione si è fatta strada anche nell’ambito del tempo libero: non parlo solo di videogiochi e simili, ma anche della possibilità di trovare nuove persone che la pensano in maniera simile a noi e portare avanti insieme a loro attività congiunte.
Le città hanno un grande vantaggio: ci sono molte opportunità per incontrare e conoscere tipi complementari di persone, non per forza in situazioni organizzate ma anche in modo spontaneo. Si tratta di un ambiente ideale per l’attività economica, soprattutto per le start-up, le industrie creative e i servizi innovativi. Le persone che vivono questi luoghi hanno certamente bisogno di buone condizioni di vita e di alloggio e tali necessità non sono compatibili con il traffico automobilistico, certamente non con il traffico di autocarri.
Se l’obiettivo che ci prefissiamo è quello di trascorrere il tempo in spazi più vivibili, bisogna arrivare a consentire la circolazione della sola quota realmente necessaria di viaggi motorizzati, una porzione molto piccola rispetto all’attuale flusso di veicoli. Ciò significa liberare una parte della rete stradale dal traffico automobilistico, o almeno concepire la pianificazione di mosse che consentano una sua netta diminuzione nel tempo.
Per quanto riguarda il traffico di veicoli privati, l’obiettivo può essere raggiunto relativamente rapidamente, ad esempio con restrizioni relative alle fasce orarie in cui è possibile usare veicoli nei centri cittadini. Per il traffico commerciale e di merci, la direzione deve essere di spostarne una parte considerevole su biciclette cargo e, per il resto, trovare soluzioni che rendano l’ambiente economico più pronto ad accogliere questo tipo di rinnovamento.
In generale, la logistica su due ruote gioca un ruolo di primo piano in questo processo di miglioramento degli spazi urbani.



Quali opportunità di crescita economica e culturale può aprire la mobilità sostenibile? Con particolare riferimento al concetto di “logistica urbana”?
Emma: I benefici di una mobilità sostenibile sono molteplici. In primis una ridotta emissione di combustibili fossili e una diminuzione dei livelli di inquinamento, congestione, uso del suolo e spreco di energia, comporterebbero un netto miglioramento del grado di vivibilità della città, con conseguenti benefici per la salute fisica e mentale dei singoli. In termini economici la bicicletta non solo risulta più conveniente al momento dell’acquisto, ma comporta costi di riparazione e manutenzione bassi, nonché un risparmio dei tempi di percorrenza e di parcheggio che nel lungo termine contribuiscono all’aumento della produttività ed efficienza di singoli e compagnie.
A livello culturale la mobilità attiva produce una diversa coscienza collettiva, favorendo un utilizzo degli spazi più promiscuo, un incremento delle pratiche di prossimità e una caratterizzazione dei luoghi nell’ottica di un modello di città tendente a quello dei “15 minuti”. Entro questa cornice, i corrieri in bici rappresentano una risorsa antifragile, in grado di offrire supporto alla popolazione più debole e allo stesso tempo rispondere all’inevitabile necessità di recapito, scambio e spostamento di prodotti tra ambiti di vicinato diversi, che richiederebbero tempi di trasporto superiori al simbolico quarto d’ora.
I corrieri in bici, quindi, oltre ad essere provider di un servizio a zero emissioni, sicuro e veloce, e a contribuire nella transizione delle scelte di privati
ed imprese verso soluzioni più sostenibili e durature, ricoprono un ruolo attivo nel promuovere ed alimentare comunità e imprese locali. Fondamentale è poi l’apporto di esperti conoscitori dello spazio urbano e delle sue dinamiche che si propongono come stake holder nei processi di pianificazione spaziale e delle politiche, sia in termini di analisi che di formulazione di specifiche strategie e azioni utili al ripensamento della rete infrastrutturale, dei servizi e della sicurezza per una diversa percezione del mezzo a pedali.
Karl: Più della metà di tutti gli spostamenti di veicoli nei centri urbani che comportano il trasporto di merci può essere spostata su biciclette cargo o biciclette con rimorchio. Limitare l’accesso delle auto a determinate aree della città, ad esempio centri urbani, aree residenziali sensibili, i dintorni delle istituzioni educative, ecc., accelera di molto il passaggio alla logistica del ciclo. Il settore della logistica deve ovviamente essere coinvolto e sostenuto in questo processo di trasformazione. La creazione di micro hub di smistamento delle merci svolge un ruolo importante in questo. Informazioni più approfondite sulla logistica del ciclo con esempi di implementazione, brochure, guide e webinar sono disponibili sul sito web cyclelogistics.eu.
Dall’inizio della pandemia, lo shopping online ha subito una crescita poderosa ed uno dei settori che è stato più interessato da questa impennata è sicuramente quello della consegna a domicilio dei pasti. Il delivery di cibo è dominato da servizi di consegna in bicicletta: migliaia di
ciclisti consegnano milioni di pasti alle famiglie in tutta Europa. Dal lato logistico, gli effetti di sollievo al traffico delle città stanno già diventando evidenti.
Rimane una sfida enorme: garantire eque condizioni di lavoro e una giusta retribuzione ai dipendenti del settore.
Un’altra questione di notevole importanza riguarda il cibo ed il mondo della logistica che gli sta dietro: la coltivazione avviene quasi sempre a centinaia di chilometri di distanza dal consumatore, spesso vengono utilizzati prodotti chimici e le cattive condizioni di lavoro sono praticamente la norma. Tuttavia, esistono alcuni approcci interessanti per avvicinare i produttori di alimenti ai consumatori: l’agricoltura urbana, l’agricoltura indoor, l’agricoltura sul tetto, il giardinaggio verticale e l’acquacoltura sono tutti esempi di sforzi, dal carattere prettamente urbano, in questa direzione. Siamo ancora in una fase di ricerca per molte di queste tecniche, ci sono però alcuni studi che mostrano come la produzione alimentare urbana potrebbe in parte sostituire le monocolture intensive dell’agricoltura e contribuire alla rinaturalizzazione dei terreni agricoli desolati. Anche i nuovi modelli di consumo, come l’agricoltura comunitaria sovvenzionata (Community Supported Agriculture, CSA), in cui produttori e consumatori condividono il rischio di raccolta, si adattano molto bene ad un’agricoltura di tipo urbano. Attraverso una produzione vicina al consumatore, le distanze di trasporto vengono significativamente ridotte e possono più facilmente essere effettuate tramite la mobilità attiva.
A che punto siamo in Italia rispetto al panorama europeo? Quali sono le nostre peculiarità, i nostri punti deboli e le nostre potenzialità?
Emma: L’Italia si caratterizza, rispetto al panorama europeo, per una concezione degli spostamenti ancora strettamente legata al modello di motorizzazione privata, sia che si tratti di grandi città che di aree interne. A fianco di un consumo di suolo elevato tuttavia si stagliano, oltre ai luoghi della tradizione, alcune reti infrastrutturali ad alto valore ambientale, come le strade bianche, i sentieri di montagna e i percorsi entro parchi agricoli e nazionali.
Nell’ultimo decennio sono aumentati i tentativi di valorizzare il patrimonio della mobilità attiva, tuttavia manca ancora un disegno strategico che riesca a far dialogare i grossi centri urbanizzati con il potenziale verde, sia urbano che extraurbano.
Le maggiori criticità in termini di carenza dell’offerta infrastrutturale e dei servizi si riflettono in un conflitto d’usi tra la popolazione più vicina alla mobilità attiva e quella che ancora non lo è, con un’intensificarsi della tensione data da un gap culturale e sociale, che nonostante le numerose iniziative locali promosse dal pubblico e dal terzo settore, rimane radicato e concorre nel costruire una percezione distorta sia del camminare che dell’andare in bici.
In particolare, Milano, città all’avanguardia nel panorama europeo e intenzionata a raggiungere gli obiettivi di Parigi2016 per quanto riguarda il cambiamento climatico, ha bisogno di accelerare



il processo di transizione individuando le necessità e il potenziale del network dei diversi ciclismi presenti sul territorio.
Karl: Nessun Paese al mondo ha un numero così elevato di città e centri urbani attraenti e vivibili come l’Italia. Dal punto di vista di un visitatore austriaco, è ovviamente evidente che l’auto svolge un ruolo importante in Italia, ma è interessante notare che molte città italiane hanno zone di accesso limitate per il traffico automobilistico.
Noi austriaci abbiamo osservato con grande interesse la rapidità con cui è stato applicato e accettato il divieto di fumo nei bar e nei ristoranti italiani. Un cambiamento culturale e di abitudini che in Austria ha invece richiesto anni. Naturalmente, è evidente che un Paese che ha introdotto il divieto di fumo a velocità quasi istantanea dovrebbe anche essere in grado di liberare i suoi centri urbani, che sono tra l’altro così attraenti, dal traffico automobilistico. Dal mio punto di vista, l’avvio di questo processo fornirebbe un enorme impulso alla qualità del soggiorno per i residenti e sarebbe anche un vantaggio per attrarre ancora più visitatori. Parigi è un caso che dimostra che è possibile un enorme cambiamento nella cultura della mobilità.
Anche qui, il maggiore uso di biciclette cargo sarebbe in totale sintonia con questa svolta culturale. In Italia ci sono produttori di bici cargo e il design iconico dei prodotti del vostro Paese può sicuramente aiutare ad aumentare l’adozione di biciclette cargo ad uso privato.



Come recuperare terreno?
Emma: Una delle modalità più efficienti per recuperare terreno è studiare le criticità in un processo partecipato e allo stesso tempo avvalorarsi degli insegnamenti e delle best practice provenienti da altre città per riuscire a plasmarle in specifici ambiti e morfologie.
In particolare, riguardo alla mobilità ciclabile le principali tematiche su cui lavorare riguardano: i tempi di percorrenza, con particolare enfasi sull’abbandono della car ideology per una pianificazione che dia priorità al muoversi in bici e garantire accessibilità sia su grande che su piccola scala; la percezione della sicurezza attraverso interventi a favore della bicicletta sia in ambito di codice stradale che di azioni concrete e tangibili, così come il livello di comodità tramite l’implementazione del patrimonio di infrastrutture e servizi e la promozione di incentivi e facilitazioni per chi decide di usare il mezzo a pedali; infine una spinta verso un’immagine ed uno stile di vita diverso con campagne mirate alla comprensione delle potenzialità di quest’ultimo e alla diffusione di pratiche più a misura d’uomo.
Karl: Non è facile comprendere perché alcune città optino per uno spazio pubblico vivibile e caratterizzato da un volume ridotto di traffico motorizzato mentre altre città credono nel dogma della motorizzazione come unica fonte di benessere economico. All’interno di un progetto UE è stato ricercata la presenza di alcuni modelli sistematici o condizioni quadro favorevoli per un cambiamento. Lo studio ha prodotto un unico risultato solido: dietro tutti i cambiamenti notevoli c’è un carismatico “pioniere del progetto”; a volte il politico responsabile, un leader amministrativo, a volte anche una persona nell’amministrazione con poco potere formale, ma un leader che crede nel suo modo di agire ed ha la capacità di metterne in pratica il pensiero.
In questo senso, è evidente che le città europee con leader donne sono molto attive nei
confronti dei temi della mobilità attiva e della conseguente migliore vivibilità.
Anne Hidalgo, sindaco della città di Parigi, ha gestito il passaggio da una città totalmente dipendente dalle auto ad una città “ciclista”: i parigini ora pedalano come se vivessero ad Amsterdam. Naturalmente, vi fu una forte opposizione quando scelse di chiudere un‘intera ‘autostrada a quattro corsie al traffico automobilistico lungo il fiume Senna. Il risultato però è stato un cambiamento di abitudini che definirei epocale.
Mentre Anne Hidalgo ha cambiato il concetto di trasporto nella sua città, Sharon Dijksma, sindaco della città di Utrecht, partendo da una situazione in cui la cultura ciclistica era già molto diffusa, ha reso la mobilità attiva il modo di muoversi di gran lunga dominante: il 72% di tutti gli spostamenti dei cittadini di Utrecht sono fatti a piedi o in bicicletta e solo il 20% in auto. Ciò, oltre al miglioramento della qualità di vita, rende anche la popolazione in buona salute. A tal proposito, i Paesi Bassi sono l’unico paese del mondo industrializzato che non ha problemi legati all’obesità.
Un altro sindaco donna che è ben noto per la sua politica di trasporto innovativo è Ada Colau, che amministra Barcellona. Significativa è stata l’introduzione del sistema a “Superblocks“, aree in cui le auto circolano ad una velocità molto bassa e hanno un impatto decisamente minore sul traffico di mezzi. Con i Superblocks si creano zone in cui è molto piacevole camminare o andare in bicicletta ed è addirittura sicuro per i bambini giocare per le strade.
All’inizio, tutti questi cambiamenti innovativi hanno avuto molta opposizione: la paura del cambiamento si faceva sentire. Dopo l’attuazione e un certo periodo di adattamento, però, la grande maggioranza dei cittadini si sente più che soddisfatta e non vorrebbe più tornare alla situazione precedente.


