rigenerazione
urbana

Il progetto di recupero dell'area ex-Isotta Fraschini, la sua logica
ed il rapporto con Saronno

Il primo numero di LocalMag racconta il progetto di rigenerazione dell’area ex-Isotta Fraschini, i benefici che apporterà alla città di Saronno e la filosofia che sta dietro all’intervento. La nostra volontà è stata anche di collocare un progetto di rigenerazione di così ampio respiro all’interno del panorama europeo, raccontandone peculiarità e tratti distintivi. Così, è nata l’intervista che trovate qui sotto. 

Abbiamo posto le nostre domande a Michele Corno, architetto dello studio Cino Zucchi Architetti e project manager dell’area ex-Isotta, e a Francesco Radrizzani, agronomo responsabile della progettazione e realizzazione degli spazi verdi, per addentrarci assieme a loro nella comprensione di un progetto che ambisce a dare nuova linfa vitale ad un’intera area urbana e alle sue persone.

Cosa si intende per rigenerazione urbana: qual è la sua importanza e quali sono le sue potenzialità?

Corno: Il tema della rigenerazione urbana è affascinante e ha scale interpretative diverse.

Il primo aspetto da prendere in considerazione è la situazione da cui il processo di rigenerazione prende avvio: un recinto separa un’area dal resto della città, impedendo alla cittadinanza, per un lasso di tempo più o meno lungo, di farne uso, non solo in senso economico (la funzione originaria di tale area) ma anche sociale. Di fatto una parte di città scompare

In secondo luogo, spesso si considera poco quanto sia lungo e complicato il processo di mettere armonicamente a sistema gli interessi che diversi attori ripongono in tali progetti. Basti pensare alle aspettative di carattere sociale dei cittadini oppure alle necessità delle amministrazioni, tanto tecniche (di tipo urbanistico) quanto politiche, oppure ancora agli interessi di tipo economico di chi finanzia le rigenerazioni.

La risposta  a queste esigenze deve essere in grado di compiere una sintesi organica ed unitaria, in grado di convogliare le energie presenti sul territorio per far sì che esse diventino un valore aggiunto, e non un ostacolo, per il processo. Ciò costituisce il grosso del lavoro.

Da ultimo, i processi rigenerativi nascono sempre

con un’ambizione: l’area rigenerata deve avere una nuova funzione specifica ma deve anche rimanere legata al contesto originario degli spazi che sono interessati dall’intervento recupero.

Radrizzani: Il centro attorno al quale ruota il progetto ex-Isotta Fraschini è la volontà di rendere quest’area abbandonata il motore di qualcosa di nuovo.

Molto spesso, infatti, le aree ex-industriali presenti all’interno dei centri abitati vengono sostituite con zone residenziali che, purtroppo, sono generalmente poco servite a livello di infrastrutture e di possibilità di carattere sociale. Interventi di questo tipo offrono quindi poco in termini di nuove occasioni alle città interessate da fenomeni del genere.

Sarebbe opportuno che il recupero di queste zone renda  le città più vivibili ed interessanti per chi ci abita, stimolando rapporti sociali e cercando di evitare, nel caso di Saronno, l’appiattimento alla grande periferia milanese.  Il cambiamento di cui si parla è radicale: le aree riaprono alla popolazione e smettono la loro veste chiusa ed impenetrabile che avevano fin lì indossato.

La sfida più grossa è, quindi, recuperare questi spazi rendendoli anima di un nuovo benessere sociale.

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A che punto siamo in Italia? Ci sono criticità o peculiarità rispetto all’estero?

Corno: Un’importante peculiarità è che in Italia l’ente pubblico interviene raramente in modo diretto nei processi rigenerativi, aprendo così ad una grande questione: come perseguire l’interesse pubblico in interventi che spesso hanno ricadute di vasta portata sulla popolazione?

Ad esempio, lo Studio Zucchi ha lavorato in Finlandia nella progettazione di un’area residenziale su quelli che erano dei binari dismessi. Lì è stata l’Amministrazione Pubblica a farsi carico dello sviluppo dell’area, per poi andare sul mercato a cercare investitori privati.

In Italia, stante lo scarso stimolo proveniente dal Pubblico, se l’area da rigenerare è di proprietà privata, o viene acquistata da un privato oppure esistono altri strumenti giuridici, sostanzialmente i piani di governo del territorio, che richiedono comunque la presenza di un investitore che immetta i capitali necessari per operare nell’area scelta.

Gli obiettivi e le finalità che l’investitore vuole ottenere dal suo investimento diventano quindi fondamentali nel definire la natura dell’intervento.

Ci si può quindi facilmente ritrovare davanti a dinamiche conflittuali tra gli attori privati e gli enti pubblici, con entrambe le parti che cercano

di raggiungere i propri obiettivi senza avere una visione d’insieme e, in ultima istanza, con il rischio concreto che il processo rigenerativo venga fermato a causa di questo tipo di scontro.

Radrizzani: É vero, processi di grande portata sono molto complessi e richiedono energie e forze che raramente si trovano negli enti pubblici. Un aspetto in più da considerare è che le richieste del Pubblico molto spesso vanno fino al minimo dettaglio, si crea così un ambiente in cui è difficile poter pianificare su temi più grandi, proprio perché queste minuzie rendono difficile e laborioso intraprendere anche i passi più piccoli.

Per quanto riguarda la parte verde, stiamo lavorando ad un progetto di creazione di un parco di circa 60.000 mq (già inserito nel progetto generale di recupero edilizio). Il progetto, che è ancora in fieri, si allinea ad altre esperienze eseguite a livello europeo su superfici anche molto più ampie di quella dell’area in questione. In questi interventi, si è deciso di preservare la natura caotica della vegetazione, di modo da formare una “cultura verde” nei visitatori, mostrando le dinamiche e l’evoluzione delle piante nel tempo, elementi alla base della formazione di un bosco. Portare un’impostazione del genere anche a Saronno sarebbe quantomeno molto interessante.

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Qual è l’idea dietro al progetto di rigenerazione dell’area ex-Isotta Fraschini?

Corno: A Saronno, con il progetto che coinvolge l’area ex-Isotta Fraschini, la funzione principale che si vuole attuare è di tipo pubblico: l’Accademia di Brera, il Parco ed il Museo sono gli elementi dell’intervento insieme fondanti e di maggiore coinvolgimento della cittadinanza. Il progetto prevede inoltre la creazione di residenze abitative. 

L’obiettivo è quello di rendere il progetto il più possibile ricco e strutturato, di amalgamare le esigenze di cui si parlava prima, così da essere in grado di sopravvivere all’input che lo genera. 

Un’operazione di questo tipo, oltre che avere un’evidente dimensione territoriale -si pensi all’importanza della stazione di Saronno e alla vicinanza della città con Milano e con Malpensa, che moltiplica l’impatto di un intervento di questo genere- ne ha anche una temporale da tenere in considerazione: approcciandosi alla rigenerazione di un’area, c’è sia da dargli un carattere che deve funzionare nell’immediato sia da tenere in

considerazione il dopo, il fatto cioè che lo intervento sopravviverà a noi e agli interessi che lo generano.

Il metodo migliore per dotare un progetto della capacità di adattamento è quello di coinvolgere il maggior numero di parti che vivono nel territorio interessato e di riuscire ad accogliere gli stimoli che ognuna di esse offre.

Qui a Saronno vogliamo creare uno spazio bello che serva da sfondo alla funzione d’utilità per la città che abbiamo in mente: la ricucitura del quartiere Matteotti con il resto del tessuto urbano e la rigenerazione di una risorsa abbandonata per più di 30 anni.

Radrizzani: La filosofia di approccio al progetto, fin dai primi momenti, è stata di condivisione degli aspetti amministrativi del progetto che stanno a monte di un piano dal un respiro così ampio. Si è deciso di muoversi all’insegna della trasparenza, rendendo disponibili online le rilevazioni e le attività che si sono fatte.

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L’obiettivo era soprattutto quello di dimostrare che, anche per progetti di questa dimensione, è possibile un approccio che coinvolga la cittadinanza e, di riflesso, poter raccogliere stimoli ed idee dai cittadini. Vediamo nelle proposte che ci sono pervenute la benzina che fa girare il motore del progetto. Segue ovviamente una fase di filtro di questi contributi, che crediamo essere in ogni caso utili ad un progetto che vuole essere nel tempo il più condiviso possibile.

La nostra idea è quella è di accompagnare alla parte del Parco più “selvatica”, di cui si è già parlato, una parte “fruitiva”, progettata cioè per assecondare le necessità sociali locali e poter quindi apportare benefici diffusi alla popolazione. Vengono portate avanti delle discussioni con diversi soggetti a diversi livelli, per arrivare ad una decisione che sia sempre il più condivisa possibile.

 

Quali sono i principali benefici che il progetto apporterà all’urbanistica di Saronno?

Corno: La rigenerazione, attraverso l’unione del quartiere Matteotti al resto della città, apporterà grandi vantaggi a Saronno e alla sua cittadinanza.

Il nostro obiettivo è quello di creare uno spazio con una forte identità che sia, allo stesso tempo, capace di innestarsi al meglio su un tessuto, quello del centro di Saronno, con le sue caratteristiche proprie. 

A mio avviso, la principale qualità di Saronno è quella di mettere insieme un tessuto fatto di relazioni sociali piuttosto consolidate e radicate, anche per via delle sue dimensioni tutto sommato limitate (una sorta di “comunità-paese”), con una rete infrastrutturale connessa tanto alla città di Milano che allo scalo di Malpensa, e conseguentemente ad un territorio allargato internazionale. 

Vi sono poi da considerare i benefici ambientali, legati al nuovo Parco e alla riqualificazione dell’area a bosco vicino al Cimitero. Si tratta di una grande occasione per la vostra città perché non solo si tratterà della realizzazione di un’area verde, con gli evidenti benefici connessi, ma anche di un luogo sicuro e presidiato capace di generare ed innescare processi rigenerativi anche al suo intorno. Il fine è quello di rendere tale area in grado di definire il tessuto urbano che gli è posizionato intorno, un parco non solo funzionale a fini di tipo residenziale ma anche cuore e matrice di sviluppo per la città.

L’idea è quella di avere dei percorsi pedonali che

attraversano l’area, separata dal traffico dei veicoli, che rimane all’esterno dell’area. Questo, secondo noi, può garantire, oltre agli immediati vantaggi di natura ambientale legati alla creazione di uno spazio verde nel cuore della città, vantaggi alla mobilità cittadina, tramite il collegamento diretto, veloce e percorribile a piedi o in bici tra il quartiere Matteotti e il Centro e la stazione cittadina.

Radrizzani: Il posizionamento dell’area è strategico e centrale rispetto all’abitato di Saronno: l’ex Isotta-Fraschini è uno spazio molto esteso e molto vicino al Centro cittadino. Il suo recupero rappresenterà sicuramente un’occasione per stimolare e rinnovare la città. Di conseguenza, sarà possibile apportare diversi benefici per la popolazione, sia cambiando l’urbanistica di Saronno, inserendo un grande parco urbano che nel Centro attualmente non c’è, sia per la socialità della città.

L’estensione del parco è esattamente corrispondente a quella attualmente occupata dalle piante, per non diminuire le già molto limitate aree verdi della città. Esso avrà una forma diversa ed alberi di maggior pregio ed autoctoni, dato che ora ci sono esemplari esotici ed aggressivi, per i quali in Lombardia vige l’obbligo di eradicazione. 

Avremo diversi benefici che sono tipici di aree a parco realizzate in ambito urbano: da una parte, fornirà occasioni di svago e di attività sportive all’aperto, dall’altra continuerà a costituire un polmone verde per il centro di Saronno. Le scelte edilizie ed il parco che si vogliono realizzare daranno una veste importante ed una ricaduta altamente percepibile a Saronno, proprio per l’ubicazione centrale dell’area. E così vengono realizzati edifici esteticamente belli, si realizza Brera, il Museo, il Parco. L’insieme di queste nuove progettualità deve riuscire a stimolare gli abitanti di Saronno.

Con il parco, il ragionamento che facciamo si basa sulla ricerca di una soluzione che sia la più vicina alle aspettative della popolazione. E quindi, non un parco che chiude la sera, ma un parco che possa accogliere le più disparate attività della città: occasioni di tipo culturale (come piccoli concerti), di attività fisica con aree attrezzate ed in generale di incontro, proprio nel centro della città. Va tenuto presente che un parco di 60.000 mq è per Saronno un’occasione sicuramente importante, le dimensioni hanno comunque una scala media rispetto ad altri interventi simili. In definitiva, vogliamo che l’intera area del parco sia appieno vissuta ed apprezzata dalla cittadinanza

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Quanto incide il ripensamento delle aree ex-industriali nella sfida delle giovani generazioni di restituire una nuova veste etica e sociale alle città?

Corno: La rigenerazione delle aree industriali dismesse sicuramente rappresenta una potenzialità enorme, che concilia la possibilità di generare nuove forme urbane alla necessità di non alimentare ulteriormente il consumo di suolo. Inoltre, come dimostrano esempi milanesi ed europei, le aree ferroviarie e le aree dei poli produttivi dismessi diventano i principali luoghi dove poter generare dei nuovi modi di vivere gli spazi pubblici e i tessuti urbani. Nei casi di successo, si preserva anche la tradizione urbana in cui tali progetti si insediano. La caratteristica rigenerativa, con la creazione di nuove funzioni e valori in un’area tagliata fuori dalla città, è ciò che interessa di più le nuove generazioni, che saranno chiamate a rivitalizzare questi luoghi.

Penso quindi che le nuove generazioni debbano guardare in modo propositivo ad interventi di tale natura, facendo in modo di evitare un conflitto diretto tra gli attori interessati. Gli esempi che funzionano, infatti, sono quelli in cui tutte le parti in causa capiscono le esigenze altrui e dove questa convergenza verso un unico ambizioso obiettivo permette la realizzazione di un piano, che almeno all’inizio sta solo sulla carta. Se anche una delle parti  si mette di traverso, i rischi sono due: o il progetto non prende avvio o si snatura completamente. 

Radrizzani: Chiaramente, il recupero delle zone ex-industriali è una sfida molto complicata: queste aree sono spesso dimenticate completamente dalla stragrande maggioranza degli abitanti. 

L’obiettivo di questo progetto è di ampliare Saronno di 12 ettari che prima non esistevano dal punto di vista sociale, divisi com’erano dalla cinta, e che costituivano praticamente un vuoto spaziale. Nella nostra visione, gli spazi aperti, l’area di Brera e del Museo si fondono assieme creando un grande parco indiviso in cui si possa andare a correre, ad incontrare persone o anche solo a sdraiarsi per stare bene. Lo immaginiamo quindi come una grande fonte di energia per la cittadinanza in generale e per i giovani in particolare.

La condivisione delle nostre idee e la raccolta delle proposte vanno proprio nella direzione di cercare di rendere il progetto condiviso e sentito. La logica è quella di coinvolgere fin dall’inizio la popolazione, che dovrà essere l’anima dell’effettivo sfruttamento dell’area rigenerata, soprattutto per quanto riguarda la fascia più giovane, che godrà più a lungo degli effetti di questo cambiamento.

Un altro strumento per avvicinare la popolazione all’area recuperata sarà quello di conferire la gestione attiva di alcune sue aree ai cittadini: tanto più questi spazi sono vissuti e condivisi, tanto più sono strappati alla possibilità che diventino terreno su cui la micro-criminalità si possa instaurare. Creare un grande parco che ad una certa ora va chiuso per una questione di sicurezza sarebbe una sconfitta per tutti e, se possibile, ancora di più proprio per i cittadini di Saronno. 

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